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LA STORIA
Il tipico set di batteria è composto da una grancassa, un rullante, due tom-toms, una coppia di piatti denominata charleston, un piatto crash ed un piatto ride, il tutto tenuto insieme da una serie di aste meccaniche in metallo.
Ogni tamburo possiede una coppia di pelli (rispettivamente battente e risonante) la cui tensione viene assicurata affinché ci sia un buon rimbalzo della bacchetta. La grancassa è di solito il pezzo più grande del drumset; produce un suono basso e profondo ed è suonata con un pedale preposto come un battente che colpisce la pelle mediante un’asticella in metallo, rivestita all’estremità di un corpicino (in genere sferico) di peltro.
La grancassa può avere vari diametri e profondità. Il diametro oscilla tra i 46 e i 66 cm, mentre la profondità tra i 36 e 46 cm.
Il rullante è un tamburo cilindrico poco profondo, che produce un distinto suono acuto. E’ dotato di una serie di fili metallici – la cosiddetta “cordiera” – posta sotto la pelle risonante del tamburo, che determina un suono ronzante o schioccante, secondo la tecnica usata. Le misure più comuni, per quanto riguarda il rullante, sono di 36 cm per il diametro e di 13 cm per la profondità.
I tom-toms aggiungono una varietà di suoni al set e di solito hanno un diametro che varia dai 20 ai 46 cm e una profondità variante tra i 15 e i 46 cm. Un drumset di base ha di solito due tom-toms: uno montato “a terra” con un’asta (tale tom è detto anche “timpano”) ed uno più piccolo montato sulla grancassa tramite un supporto metallico.
E’ bene ora dare però una definizione riguardo alla parola chiave finora utilizzata e cioè “tamburo”; quest’ultimo è da considerarsi uno strumento a percussione appartenente alla famiglia dei membranofoni: cavo e di forma tubolare, in esso il suono è prodotto, come sappiamo, percuotendo o raschiando una pelle tesa attraverso una delle due estremità del fusto.
L’origine dei tamburi che compongono il drumset è da ricercarsi nel campo dei tamburi a cornice. L’origine di essi si perde nella notte dei tempi; esiste materiale iconografico databile ad oltre 6000 anni fa che rappresenta uomini e donne mentre suonano questo tipo di strumento, soprattutto durante rituali o cerimonie religiose.
Anticamente esistevano (ma esistono ancora oggi) culture in cui il compito di suonare lo strumento era esclusivamente demandato alle donne.
In Mesopotamia, nell’Antico Egitto e nella Grecia Antica già era diffusissimo il suo uso e in India intorno al 1000 d.C. si suonavano strutture melodiche e ritmiche riprese oggi dai jazzisti.
Riguardo alle caratteristiche dei piatti, invece, c’è da dire che essi sono composti da varie combinazioni di metalli tra i quali prevalgono il rame, l’ottone e il bronzo. Il diametro di essi può essere molto variabile e si misura comunemente in pollici; le dimensioni vanno da un minimo di 6’’ (circa 15 cm, con riferimento ai cosiddetti splash) a un massimo di 24” (quasi 60 cm, come ad esempio per alcuni ride o china). All’aumentare del diametro, aumenta lo spessore del piatto e la gravità del suono. Lo spessore dello stesso, così come la sua concavità, incidono su numerose caratteristiche del suono come intonazione, tempo di decadimento, quantità di armonici, e così via.
A differenza dei tamburi che appartengono alla famiglia dei membranofoni, i piatti sono degli idiofoni (a suono indeterminato) in quanto, anziché emettere un suono per la vibrazione di una membrana tesa emettono un suono per la vibrazione del corpo stesso.
La loro origine risale al 2000 a.C. e una coppia preistorica di piatti è custodita nella mummia di un musicista religioso egiziano, al British Museum di Londra. Le forme di piatto utilizzate dai popoli nel corso della storia sono le più diverse. Gli Assiri utilizzavano sia piatti di forma concava sia piatti di forma piana, mentre i Greci costruivano piatti con la campana (uno sbalzo nel metallo che enfatizza le armoniche generate).
Per secoli i piatti sono stati utilizzati in guerra, con i soldati che facevano suonare due piatti tra loro per tentare di incutere timore nel nemico durante la battaglia. Anche nei riti religiosi venivano suonati piccoli piatti e non ne manca menzione nella Bibbia.
La costruzione dei piatti era concentrata in Cina e nel territorio dell’attuale Turchia, dove sono stati scoperti, nel corso dei secoli, i metodi per rendere questo strumento più resistente e più musicale. Nelle origini del termine cymbal (traduzione: piatto) c’è un vocabolo latino, cymbalum, che a sua volta deriva dalla parola greca kumbalom.